IL GIUDICE CONCILIATORE
   Avanti questo giudice pende giudizio r.g. n. 924/1991  con  cui  la
 U.S.L.  RM  33,  in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha
 convenuto la Biomedical S.r.l., in persona del legale  rappresentante
 pro-tempore,  per  sentir dichiarare nullo ed improduttivo di effetti
 il decreto ingiuntivo r.g. n. 4391, ingiunzione n. 7495 emesso il  26
 luglio  1991  dal  giudice  conciliatore del settimo mandamento della
 conciliazione di Roma.
    Preliminarmente  chiedeva  l'opponente  dichiararsi la mancanza di
 legittimazione della U.S.L. ingiunta.
    Nel  corso  del  giudizio  veniva  accertata  la  nullita'   della
 costituzione  dell'opposta,  avvenuta senza il rispetto delle vigenti
 leggi, bensi' sull'errata convinzione del rappresentante della U.S.L.
 RM 33 dott. Stafano Merelli, che il  novellato  codice  di  procedura
 civile   fosse   invigore,   come   riportato   nella  propria  copia
 tipografica, dalla data del 1½ gennaio 1992.
    Il giudice, accertata la nullita' della costituzione  dell'opposta
 dichiarava  definitivamente  esecutivo  il decreto ingiuntivo r.g. n.
 4391, ingiunzione n. 7495  emesso  il  26  luglio  1991,  condannando
 l'ingiunta al pagamento delle ulteriori spese processuali.
    Nell'emettere   la  sentenza,  all'atto  di  liquidare  le  spese,
 competenze ed onorari al dott.  proc.  Nicola  Staniscia  procuratore
 dell'opposta, questo giudice si avvedeva che l'importo da liquidare a
 titolo di onorari variava a seconda della qualifica del procuratore.
    Difatti,  ai  sensi  e  per  gli  effetti  dell'art. 8 del d.m. 24
 novembre 1990, n. 392 "nelle  cause  trattate  da  procuratore  senza
 assistenza  di  avvocato,  devono  essere liquidati per la difesa gli
 onorari di avvocato, indicati nella tabella A, ridotti alla meta'".
    Nella causa de quo l'opposta era rappresentata e difesa  dal  solo
 procuratore.
    Si  ravvisa,  pertanto,  e si solleva questione di legittimita' di
 detta norma la' dove viene a violare i principi  ex  art.  35,  primo
 comma  della  Costituzione,  riguardante  la tutela del lavoro, ed ex
 art. 36, primo comma, della Costituzione, riguardante la  proporzione
 della retribuzione al lavoro svolto.
    In  riferimento  all'art.  35, primo comma, della Costituzione che
 prescrive "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le  sue  forme  ed
 applicazioni."  la violazione si attua, in riferimento all'art. 8 del
 d.m. 24 novembre 1990, n. 392, la' dove e' prevista e riconosciuta la
 tutela dimezzata  del  lavoro  del  procuratore  rispetto  all'eguale
 lavoro  di  un  avvocato;  questo  senza  che  alcun  elemento  possa
 giustificare tale disparita' di trattamento.
    In riferimento all'art. 36, primo comma,  della  Costituzione  "Il
 lavoratore   ha   diritto  ad  una  retribuzione  proporzionata  alla
 quantita' e qualita' del suo lavoro e in  ogni  caso  sufficiente  ad
 assicurare a se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa." la
 violazione   si  manifesta  nel  non  garantire  al  procuratore  una
 retribuzione proporzionata  alla  quantita'  e  qualita'  del  lavoro
 effettivamente svolto.
    La  quantita'  di  lavoro  prestata  dal  solo  procuratore  e' la
 medesima che avrebbe prestato un'avvocato.
    Circa la qualita', anche a non voler considerare il fatto  che  si
 verte  in  materia  di  obbligazioni  di mezzo e non di risultato, il
 giudizio si e'  concluso,  per  le  questioni  non  sospese,  con  la
 vittoria della parte rappresentata dal dott. proc. Nicola Staniscia.
    A  fortiori si puo' assumere che il lavoro prestato nella causa e'
 il medesimo, del medesimo tipo e  del  medesimo  impegno,  sia  se  a
 prestarlo  sia un dottor procuratore, un dottor procuratore avvocato,
 un avvocato o un praticante procuratore abilitato.
    Di conseguenza questo lavoro deve avere la medesima tutela,  anche
 e soprattutto economica.
    Non  si  vede  perche'  nelle  ipotesi in cui a patrocinare sia un
 procuratore non avvocato questi debba avere un trattamento  economico
 ingiustificatamente diverso da quello di un avvocato non procuratore.
    Nel  caso  concreto  l'interesse  pubblico collegato alla funzione
 della difesa in giudizio non viene a manifestarsi  in  una  causa  di
 particolare   rilevanza   sociale,  tale  da  poter  giustificare  il
 sacrificio imposto al professionista.
    Questo  sacrificio  e'  stato  imposto  in  casi  eccezionali   ed
 espressamente  in riferimento all'art. 57 della legge 27 luglio 1978,
 n. 392, poi modificato dall'art. 6 della legge  30  luglio  1984,  n.
 399.
    In  questa  ipotesi  si  tendeva  a  tutelare le parti processuali
 particolarmente deboli - materia di locazione di immobili  urbani  il
 cui  valore  non ecceda L. 600.000 -; tanto gli onorari dell'avvocato
 che del procuratore venivano, dalla norma, ridotti  della  meta';  il
 sacrificio  imposto trovava, quindi, giustificazione nel fondamentale
 principio della solidarieta' nazionale.
    Fuori da ipotesi e casi eccezionali  o  particolari  non  si  vede
 alcun  motivo per cui si debba attuare una disparita' di trattamento,
 senza giustificazione alcuna, fra "lavoratori giuridici".
    E' vero che le funzioni dell'avvocato sono diverse da  quelle  del
 procuratore,  ma  e'  altrettanto  vero che, nella pratica, questi si
 sono di gran lunga ridimensionate.
    In ogni caso si deve tener presente che il tipo di lavoro prestato
 e', di fatto, il medesimo: colloqui, studio della pratica, assistenza
 processuale, redazione degli atti, ecc.
    La legge, affinche' sia possibile esercitare l'attivita' di dottor
 procuratore, prescrive il superamento di un esame di Stato, anche  se
 ammette   al  patrocinio  avanti  le  magistrature  c.d.  "minori"  i
 praticanti procuratori; non si vede perche',  al  di  fuori  di  casi
 eccezionali,  dei  quali  uno  citato,  poi  tuteli  diversamente  il
 medesimo lavoro se a prestarlo sia, un procuratore od un avvocato.
    Nel  determinare  le  spese  di  lite  questo  giudice,  se   puo'
 quantificare  equitativamente  tanto  le  spese  che  le  competenze,
 altrettanto non puo' fare in riferimento agli onorari.
    La riduzione a meta' degli onorari spettanti al dott. proc.,  deve
 avvenire  sulla  base di parametri che, definiti dall'art. 8 del d.m.
 24 novembre 1990, n. 392 ". . . onorari di avvocato. . . ridotti alla
 meta'."  rendono  non  manifestamente  infondata  la   questione   di
 legittimita' costituzionale che questo giudice viene a sollevare.